Cookie PolicyPrivacy Policy
06 Sep
06Sep

I primi contattiLe prime segnalazioni su un rafforzamento dei contatti tra il movimento yemenita Ansar Allah ed il gruppo islamista somalo Harakat al-Shabaab al-Mujahideen, meglio conosciuto come Al-Shabaab, risalgono al giugno dello scorso anno, quando fonti dell’intelligence statunitense ne parlarono in un’intervista rilasciata alla CNN.All’epoca, gli analisti statunitensi presentarono elementi concreti a sostegno dell’ipotesi di una cooperazione tra i due gruppi, pur chiarendo che i contatti non avvenivano in modo diretto, ma attraverso intermediari.Un nuovo elemento è però emerso il 6 febbraio 2025, quando un rapporto delle Nazioni Unite ha rivelato che, tra luglio e settembre 2024, le due organizzazioni si sarebbero incontrate faccia a faccia in Somalia, segnando una significativa evoluzione rispetto alle dinamiche precedenti.Il pragmatismo unisce correnti religioseL’intesa tra le due organizzazioni è stata siglata sulla base di un pragmatismo strategico, mirato a consolidare il potere politico ed economico di entrambe le parti. Per raggiungere questo obiettivo è stato necessario mettere da parte le profonde divergenze di natura ideologica e religiosa: da un lato gli Houthi, noti come Ansar Allah, di matrice sciita-zaidita; dall’altro Al-Shabaab, gruppo che si richiama al salafismo ed al wahabismo dell’Islam sunnita.Gli accordi prevedono che Ansar Allah fornisca ad Al-Shabaab armamenti – in particolare droni e missili terra-aria – oltre a supporto tecnico, ricevendo in cambio un’intensificazione delle attività di pirateria nel Golfo di Aden e lungo le coste somale. Tenendo conto dei rapporti già esistenti tra i pirati somali ed Al-Shabaab, che secondo alcune fonti percepirebbe circa il 20% dei riscatti, è plausibile che la nuova cooperazione miri a sfruttare la pirateria per accentuare le interruzioni al traffico marittimo.Gli Stati Uniti hanno espresso timori sul fatto che la fornitura di armi da parte di Ansar Allah possa trasformarsi in una nuova fonte di finanziamento per il movimento yemenita, garantendo allo stesso tempo ad Al-Shabaab l’accesso a sistemi d’arma più avanzati.Secondo Zeinab Mostafa Ruwayha, ricercatrice dello Yemen & Gulf Center for Studies, vi sarebbero inoltre prove di contatti diretti tra ingegneri Houthi e membri di Al-Shabaab, finalizzati al trasferimento di conoscenze tecniche per la produzione di equipaggiamento militare più sofisticato. Oltre al sostegno iraniano, infatti, Ansar Allah ha sviluppato una propria capacità industriale nella realizzazione di droni aerei e marittimi, impiegabili tanto per attività di ricognizione quanto per azioni offensive, inclusi attacchi suicidi. Il nemico del mio nemico è mio amicoUn ulteriore fattore che accomuna Ansar Allah ed Al-Shabaab è la comune ostilità nei confronti di Israele e degli Stati Uniti. Tale posizione è stata riaffermata nel gennaio 2025 dal leader di Ansar Allah, Abdul-Malik al-Houthi (ucciso in un raid israeliano il 29 agosto), il quale, richiamandosi agli attacchi nel Mar Rosso descritti come azioni di solidarietà verso Gaza, ha espresso sostegno alle iniziative condotte in diversi Paesi africani contro l’egemonia americana ed europea, contro l’imperialismo e l’occupazione statunitense in quelle aree.La prossimità geografica tra le coste del Corno d’Africa e quelle dello Yemen, separate soltanto dal Mar Rosso, ha rappresentato storicamente un elemento determinante nelle relazioni tra le due sponde.In particolare, lo Yemen si è a lungo configurato come punto di ingresso per i flussi migratori provenienti dall’Africa orientale e diretti verso i Paesi del Golfo. Secondo il rapporto annuale pubblicato dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni nel 2024, nel solo 2023 sarebbero state oltre 96.000 le persone partite dalle regioni somale di Bari e Woqooyi Galbeed per raggiungere le coste yemenite, seguendo una rotta segnata dal traffico di esseri umani.La vicinanza territoriale ha inoltre favorito lo sviluppo di circuiti illegali di contrabbando, in particolare di armi. Sebbene le Nazioni Unite abbiano imposto un embargo sulle forniture militari allo Yemen già nel 2015, con l’intento di frenare l’avanzata dei ribelli Houthi, l’Iran ha continuato a far giungere armamenti al movimento Ansar Allah, spesso attraverso l’impiego di navi mercantili ed imbarcazioni da pesca.Un rapporto diffuso nel 2020 dalla Global Initiative Against Transnational Organized Crime ha inoltre rivelato che parte di queste forniture ha raggiunto anche la Somalia, alimentando l’instabilità regionale.La debolezza dei governiIl principale elemento che rafforza questa alleanza è rappresentato dal vuoto di potere lasciato dai governi centrali di Somalia e Yemen. La fragilità delle istituzioni locali e l’espansione di economie parallele hanno creato un terreno fertile per il radicamento di gruppi armati nelle rispettive aree di influenza.Il movimento somalo Al-Shabaab, attivo dal 2006 e legato ad Al-Qaeda dal 2012, persegue l’obiettivo di costituire un emirato islamico nel Corno d’Africa, fondato sull’interpretazione letterale del Corano ed identificato con il progetto della cosiddetta “Grande Somalia”. Il gruppo esercita un controllo significativo sulla Somalia meridionale e mantiene roccaforti anche oltre confine, in alcune zone di Kenya ed Etiopia, dove applica rigidamente la Shari’a.Parallelamente, i ribelli Houthi hanno consolidato il loro potere nel nord-ovest dello Yemen, mantenendo sotto il proprio dominio la capitale Sana’a fin dalla fine del 2014. Le uniche eccezioni al loro controllo restano l’area di Aden, sede del governo provvisorio, e lo strategico stretto di Bab el-Mandeb. ProspettiveLa crescente interazione tra Al-Shabaab e gli Houthi mette in luce come i gruppi jihadisti ed estremisti tendano a rimodellare le proprie ideologie in base a interessi convergenti ed al mutare delle circostanze. Secondo diversi osservatori, uno dei principali rischi legati a questa alleanza è l’ulteriore indebolimento delle istituzioni somale, già fragili, a beneficio delle milizie di Al-Shabaab.Fonti della difesa statunitense hanno spiegato che, negli ultimi due anni, l’offensiva dell’Esercito nazionale somalo nel centro del Paese aveva costretto Al-Shabaab ad un atteggiamento difensivo. I limiti della strategia militare, l’inesperienza dei comandanti e la diffusa corruzione ai vertici politici e militari avrebbero compromesso gran parte dei risultati raggiunti da Mogadiscio.Nel frattempo, gli Houthi hanno ampliato il proprio raggio d’azione aprendo un fronte nel Mar Rosso: la contrapposizione ad Israele ed agli Stati Uniti viene oggi utilizzata come leva per rafforzare la propria visibilità ed accreditarsi presso un’opinione pubblica più ampia e sensibile a posizioni antioccidentali.Gli appartenenti ad Ansar Allah stanno al contempo intessendo nuove relazioni strategiche per espandere le proprie capacità sul piano geografico, militare ed economico. Tale rete di alleanze, che va oltre i confini del Medio Oriente, mira a ridurre la dipendenza da Teheran ed a consolidare un’autonomia politica crescente.Focus: gli armamentiLa dinamica del trasferimento di conoscenze e strumenti bellici tra gruppi armati non è nuova: un precedente significativo si era già registrato con la diffusione degli ordigni esplosivi improvvisati durante i conflitti in Iraq ed in Afghanistan. La circolazione di combattenti stranieri, unita alle possibilità offerte dalla stampa 3D, ha facilitato la condivisione di competenze e l’accesso a componenti sensibili attraverso le reti del traffico illecito. In questo contesto, la crescente disponibilità di droni di tipo militare in Africa rappresenta un ulteriore elemento di rischio.I fucili d’assalto sono l’arma principale introdotta di nascosto nella regione, ma gli esperti affermano che la proliferazione dei droni sembra inevitabile.Un rapporto delle Nazioni Unite segnala che, nel maggio 2024, lo Stato Islamico in Somalia ha già fatto ricorso a velivoli senza pilota per missioni di ricognizione e per un uso limitato di esplosivi. Secondo gli esperti, tale programma avrebbe come obiettivo finale la costruzione di droni suicidi, ipotesi che rafforza l’idea di una possibile cooperazione con i gruppi yemeniti o, quantomeno, di una reciproca influenza.Il possesso di droni rappresenta oggi un elemento cruciale per l’affermazione militare delle formazioni armate. Sebbene l’attenzione mediatica si concentri soprattutto sui droni suicidi o a visuale in prima persona (FPV), utilizzati per operazioni a corto raggio, questi strumenti offrono agli operatori informazioni in tempo reale e costituiscono, secondo osservatori delle Nazioni Unite in Ucraina, una delle minacce più letali per i civili nelle aree di conflitto. Proprio per la loro efficacia, vengono considerati un punto di svolta nella guerra asimmetrica e risultano particolarmente ambiti anche da Ansar Allah.La questione resta se in Somalia tali tecnologie possano essere adottate in maniera sistematica. Taimur Khan di Conflict Armament Research ricorda che, sebbene siano stati sequestrati componenti di droni FPV introdotti clandestinamente in Yemen, non vi sono prove dirette dell’utilizzo di questo tipo di velivoli da parte di al-Shabaab.Per il momento, i fucili d’assalto restano le armi più diffuse nel traffico illecito regionale, ma gli analisti ritengono che l’espansione dei droni sia solo questione di tempo. Una volta introdotta, la tecnologia tende infatti a diffondersi rapidamente, anche in assenza di contatti formali tra i diversi gruppi armati. Le rotte di contrabbando già consolidate per altre merci possono facilmente essere adattate al trasporto di componenti sensibili. In questo scenario, l’intesa tra Ansar Allah ed al-Shabaab appare funzionale ad entrambi: per i jihadisti somali significa accesso ad armamenti più sofisticati, mentre per i ribelli yemeniti offre nuove opportunità di traffici illeciti e di finanziamento.Lo scenarioLo scenario accresce la percezione della minaccia in diversi Paesi della regione, tra cui Etiopia, Somalia, Gibuti e Kenya. Secondo Timothy Walker, esperto di sicurezza marittima dell’Institute for Security Studies (ISS), ciò obbligherebbe le forze armate locali ad investire maggiormente in sistemi di difesa aerea per fronteggiare un rischio in espansione.Un eventuale trasferimento di tecnologie più sofisticate avrebbe conseguenze non solo militari, ma anche psicologiche e diplomatiche. Come osserva il ricercatore ISS Moses Okello, il solo sospetto che al-Shabaab possa disporre di droni armati o accedere a reti di approvvigionamento avanzate rischierebbe di alterare il quadro negoziale, rendendo gli insorti meno inclini a partecipare a processi politici.

Commenti
* L'indirizzo e-mail non verrà pubblicato sul sito Web.