
Il mondo contemporaneo è malato di un male invisibile ma devastante: la resistenza a Dio. Abbiamo sostituito la Provvidenza con il possesso, e il risultato è una società paralizzata dal terrore. Insegniamo ai nostri figli a temere il futuro, a blindare il presente, a vivere ogni cambiamento come una minaccia. Ma il Vangelo ci chiama a un rovesciamento totale di questa prospettiva. Il materialismo non è solo accumulo di oggetti; è un atteggiamento dell’anima che cerca la salvezza in ciò che perisce. Chi è attaccato alla materia è, per definizione, un uomo che vive nella paura. Teme l’invecchiamento perché lo vede come un “imbruttimento” dell’idolo-corpo; teme la povertà perché pensa che il suo valore dipenda dal conto in banca; teme la morte perché non vede oltre il velo della carne.Questa resistenza al fluire della vita, che Eraclito intuiva come legge naturale, per il cristiano diventa una mancanza di fiducia nel Creatore. Se ci aggrappiamo con le unghie a ciò che siamo stati o a ciò che abbiamo, trasformiamo la nostra esistenza in un’agonia di ansia e depressione. La malattia del secolo è l’incapacità di lasciarsi andare nelle mani di Dio. Dovremmo guardare con umiltà a quei fratelli che, nelle periferie del mondo, dall’Africa all’India, vivono in condizioni di estrema povertà ma possiedono un’allegria che l’occidente ha smarrito. Perché sorridono? Perché, non avendo nulla da difendere, sono liberi di accogliere il “qui e ora”.Essi vivono in relazione alle condizioni date, accettando la vita come un dono quotidiano e non come un diritto da pretendere o un bene da assicurare. La loro felicità è la prova che la gioia non nasce dall’avere, ma dall’essere figli che si fidano del Padre.Ricorda sempre il comando di Gesù, “Non abbiate paura” che riecheggia in ogni pagina del Vangelo come un invito a sciogliere i legami con il passato e con l’illusione del controllo. Egli non ci ha promesso un’immobilità eterna su questa terra, ma la Sua presenza costante nel mutamento.Invecchiare non è decadenza, ma un graduale spogliarsi per essere più leggeri nel cammino verso il Regno.Perdere non è un dramma, ma l’occasione per scoprire che “uno solo è necessario”.Quando amiamo Gesù, il tempo che scorre smette di essere un nemico che ci sottrae la vita e diventa il sentiero che ci conduce a Lui. La vecchiaia si carica di una bellezza spirituale che nessuna crema o chirurgia può emulare: la bellezza di un’anima che si prepara all’abbraccio finale. La vera conversione oggi consiste nel passare dalla “resistenza” alla “resa”. Non una resa rassegnata, ma una consegna d’amore. Lasciare andare l’attaccamento al mondo, alle ansie per i figli, al terrore della fine, significa riconoscere che non siamo noi i padroni della nave.Smettiamo di essere “paura vivente”. Torniamo a essere testimoni di speranza, ricordando che ogni stagione della vita ha una grazia propria che attende solo di essere colta. Chi segue Cristo non teme il fiume che scorre, perché sa che sull’altra riva c’è Qualcuno che lo aspetta da sempre.