In un’Italia che si impoverisce, dove il potere d’acquisto scende e gli stipendi restano al palo, c’è un settore che continua a crescere grazie a un inganno ben confezionato: quello delle auto nuove. Spinte da incentivi pubblici, rottamazioni a tempo e divieti ambientali sempre più stringenti, le automobili di ultima generazione stanno diventando un obbligo più che una scelta. Ma a che prezzo?Prendiamo il caso delle batterie. Fino a pochi anni fa, cambiarne una costava in media tra i 100 e i 130 euro. Oggi, con le batterie al gel di nuova generazione – spesso imposte dai costruttori – il costo supera tranquillamente i 250 euro. Perché? Nessuno lo spiega davvero. Non si tratta di batterie elettriche, ma di normali accumulatori per auto a benzina o diesel, spacciati come “più efficienti” ma ben più cari, senza una proporzionale giustificazione tecnica. Altro esempio: la ricarica dell’aria condizionata. Una volta bastavano 50-70 euro. Oggi, a causa dell’introduzione di gas refrigeranti “green” come l’R1234yf (sì, proprio così si chiama), si arriva a 240-280 euro. Un rincaro del 300%. La ragione ufficiale è ambientale, ma il risultato è che chi guida paga tre volte tanto per un servizio identico a quello di ieri. E non finisce qui. Anche un semplice tagliando può facilmente toccare i 600 euro su alcune citycar. Perché? Perché ormai tutto è gestito da centraline, scanner, diagnosi computerizzate. Anche cambiare una lampadina richiede, in certi modelli, di smontare mezza macchina e rivolgersi esclusivamente alla casa madre.Mentre lo Stato promette incentivi per il “rinnovamento del parco auto”, nella realtà il cittadino è messo all’angolo. Con i blocchi alla circolazione delle Euro 4 e Euro 5 in molte città italiane, le famiglie non hanno alternative: devono rottamare l’usato e comprare il nuovo. Ma il nuovo costa, e molto. E quel poco che si risparmia in benzina o emissioni lo si perde rapidamente in rate, manutenzione e costi accessori. È il caso, ad esempio, delle citycar mild hybrid: pubblicizzate come soluzione economica e “green”, ma che costano più di 15.000 euro. In molti casi, con 300-400 euro di manutenzione annua in più rispetto a un modello vecchio ma funzionante. Il combinato disposto di incentivi statali, divieti ambientali e rincari nascosti ha un effetto chiaro: spinge milioni di italiani a comprare auto che non vogliono, a costi che non possono sostenere. E mentre le famiglie tagliano su sanità, istruzione e cibo, le grandi case automobilistiche e le officine autorizzate fanno affari d’oro. Il problema è che lo Stato sembra più interessato a far fare cassa alle case automobilistiche (spesso cinesi) che a tutelare il cittadino. Le famiglie non sono consumatori da addestrare a colpi di marketing e divieti, ma soggetti da proteggere. E il diritto alla mobilità non può diventare un privilegio per chi può permettersi una rata da 300 euro al mese. Quello che manca non è solo un’auto più economica: manca un sistema trasparente, che dica chiaramente quanto costa mantenere un veicolo nel tempo, quanto incidono le nuove tecnologie sul bilancio familiare, e quali reali benefici ambientali portano.Nel frattempo, una domanda sorge spontanea: chi tutela il consumatore dalle “truffe legali” del nuovo mercato auto?