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11 Jun
11Jun

Viviamo nell’epoca dell’“io”. Io scelgo, io voglio, io merito. Ogni gesto, ogni decisione, ogni desiderio ruota attorno all’individuo e alla sua libertà assoluta. Ma in questo trionfo dell’ego, ci siamo dimenticati cosa vuol dire appartenere a qualcosa di più grande: a una comunità, a una famiglia, a una storia condivisa. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un mondo iperconnesso ma sempre più solo, anestetizzato da comfort e piaceri, ma privo di direzione, di coerenza, di senso. Il paradosso dell’Occidente è questo: non ci manca nulla, eppure manca tutto. Abbiamo tutto ciò che serve per vivere, ma ci manca qualcosa per cui valga la pena vivere.Il vuoto che si allarga nella nostra società non è solo economico o politico, è esistenziale. E si chiama nichilismo: l’idea che nulla abbia più valore, che ogni principio sia relativo, che ogni legame sia negoziabile. È la cultura del “faccio quello che mi va”, dove la responsabilità è vista come un peso e il dovere come un’anomalia. Ma proprio mentre questo modello mostra le sue crepe, cresce una controspinta silenziosa, spesso ignorata dai media: quella di chi chiede il ritorno a valori fondamentali come la solidarietà, il sacrificio, il senso del dovere e la reciprocità. Non per nostalgia o per moralismo, ma perché senza di essi nessuna società può reggere. Serve una nuova educazione civile e morale che rimetta al centro la comunità prima dell’individuo, il “noi” prima dell’“io”. Che insegni che libertà non vuol dire fare tutto, ma assumersi delle responsabilità. Che il sacrificio non è una parola da eliminare, ma la base di ogni legame autentico. Che l’essere umano si compie davvero solo quando vive per qualcosa di più grande di sé.In questo momento storico confuso, dove ogni certezza sembra franare, non servono nuovi diritti, ma antichi valori. Non una civiltà del piacere (l’ideologia del godimento), ma una cultura dell’impegno. Perché è nella fatica condivisa, nella cura reciproca, nella capacità di donarsi che si misura la grandezza di una civiltà. Se vogliamo davvero ricostruire una società più forte e più giusta, dobbiamo ripartire da qui. Dal senso della comunità, dalla responsabilità personale, dalla riscoperta del dovere come atto d’amore

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