C’è stato un momento surreale, lo scorso venerdì, durante Orario Continuato su Antenna Tre, condotto da Sara Polgati, ho chiesto al direttore del Cittadino di Lodi un dato semplice, banale: quanti italiani, negli ultimi due anni, hanno stuprato donne nella provincia di Lodi? Non si trattava di un’inchiesta da Pulitzer, né di un trabocchetto. Era solo una domanda precisa, per capire quanto la criminalità locale sia realmente “nostrana”.Il direttore, però, ha scelto la via più comoda: “Non lo so”. Risposta sincera, certo. Ma anche inquietante, perché se il direttore del Cittadino ignora i dati di sicurezza del suo territorio, come può informare davvero i cittadini (questa volta con la c minuscola) che compra(va)no il suo giornale per sapere cosa accade attorno a loro? Il direttore innervosito ha chiesto a me se sapessi io quelli della Lombardia. Ovviamente non essendo il mio lavoro, quello di dare informazioni ai cittadini, non avevo il dato a portata di mano. Non è che i dati non esistano: Belpietro su La Verità ricorda che il 40% dei reati sessuali in Italia è commesso da stranieri, una fascia che rappresenta appena l’8,7% della popolazione (compresi lavoratori comunitari). Non è un dettaglio da poco, è un problema sociale gigantesco che riguarda sicurezza, integrazione, gestione dell’immigrazione.Ma se anche chi dirige i giornali locali preferisce non sapere, allora il problema non è solo politico o giudiziario: è culturale. Il direttore del Cittadino ha reagito infastidito, come se la domanda fosse offensiva. Offensivo, però, è il silenzio. Offensivo è raccontare i fatti solo quando servono a confermare una narrativa preconfezionata, quella del “tutto va bene”. Offensivo è indignarsi per la domanda invece che per i dati che la domanda suggerisce. Il giornalismo, soprattutto locale, dovrebbe essere il primo a mettere in fila i numeri, a raccontare ciò che accade davvero per strada, senza paura di disturbare il manovratoreForse in Italia vi è un nuovo stile editoriale: meno fatti, più filosofia.