Nata nell’ambito del mondo evangelico, e in particolare pentecostale americano, la “Teologia della Prosperità” è una realtà religiosa in forte espansione. Partita dagli USA, presto si è diffusa in diversi continenti: America Latina, in Guatemala e Costa Rica, ma anche in Brasile, grazie alle trasmissioni televisivi di numerosi telepredicatori; Africa, dove addirittura in Uganda è stato costruito uno stadio del valore di 7 milioni di dollari in cui predica il pastore Robert Kayanja; e infine Asia, e soprattutto in Corea del Sud, da sempre nazione sensibile alle istanza religiose e culturali statunitensi, dove il pastore Paul Yonggi Cho ha diffuso una particolare interpretazione teologica secondo la quale il fedele può giungere a controllare la realtà e ottenere la prosperità economica. Di cosa si tratta? In estrema sintesi parte dall’idea che Dio vuole che, già in questo mondo, i suoi fedeli abbiano una vita prospera e ricca. Il centro quindi della preghiera è strettamente legato alle richieste di successo, di ricchezza e di affermazione sociale, con una spiccata predisposizione all’utilitarismo e al fenomeno religioso come strumento di crescita economica personale. I luoghi di predicazione sono le Mega Church, grandi strutture dove le funzioni consistono in imponenti adunate di massa dove uno o più pastori recitano discorsi motivazionali. Viene messo da parte e completamente trascurato il raccoglimento e la parola di Cristo è usata, spesso con forzature, in funzione della propria ideologia di fondo. Il sacrificio di Cristo non è finalizzato a riconciliare l’umanità e Dio in ottica escatologica, ma molto più banalmente a garantire ricchezza e auto affermazione del fedele già qui su questa terra. Questa visione si sposa perfettamente con il Mito Americano, ovvero con l’idea dell’America come la terra delle opportunità, dove chiunque arrivi può avere successo e prosperità con l’appoggio e la benevolenza del Creatore. Una sorta di capitalismo sfrenato a cui viene data un’impalcatura religiosa ed etica per sottrarla a un giudizio, sistematicamente rendendo lecito ciò che può portare ricchezza, in quanto voluto da Dio. Le radici di questa teologia sono individuare in una estremizzazione del pensiero di Calvino e della dottrina della predestinazione, secondo cui solo alcuni sono destinati alla Salvezza, che dipende unicamente dalla Volontà di Dio. Come capire se si fa parte di questi pochi eletti? Dal successo che si ha in questa terra, indice di Benevolenza Divina. Ne consegue che il fedele sia molto motivato ad avere successo in questa vita, in quanto in questo modo sta dimostrando, a se stesso e alla comunità, di essere parte di coloro destinati alla salvezza anche dopo la morte. Da qui la celebre etica calvinista, che vedeva un estremo rigore e sobrietà nello stile di vita e un forte impegno nel mondo lavorativo e comunitario. In questa visione, e tanto più nella visione della “Teologia della Prosperità” il fallimento è visto come maledizione ed esclusione da una comunità, favorendo meccanismi auto avveranti perchè chi entra in questi gruppi vuole che le sue ambizioni si realizzino e agisce in tutti i modi perchè questo succeda, per dimostrare di essere scelti da Dio e quindi destinati al successo. Sono anche teorie comode, perchè escludono il dolore e le dinamiche di passione ed espiazione, traslando tutto in ambito economico. I concetti di peccato e di salvezza eterna vengono spostati ora su un piano puramente materiale, dove il rischio è il fallimento e il premio il successo economico. Una visione che mette assolutamente in secondo piano il Sacrificio Eucaristico, la Spiritualità, la Passione e Morte di Cristo in croce… una visione sicuramente edulcorata e più accettabile per una società secolarizzata ed edonista come la nostra, ma una visione molto umana e poco divina.