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10 Sep
10Sep

Lo studio della Stanford University evidenzia una tendenza preoccupante nel mercato del lavoro statunitense: l’intelligenza artificiale (AI) sta colpendo in modo sproporzionato i giovani lavoratori, specialmente quelli tra i 22 e i 25 anni, impiegati in ruoli come sviluppatori software, operatori del servizio clienti e professionisti del marketing. Dal 2022, anno in cui le tecnologie di AI generativa hanno visto un’ampia adozione, l’occupazione per questa fascia d’età è diminuita del 13% nei settori più esposti, mentre le fasce di età più avanzate sono rimaste stabili o hanno registrato un aumento delle assunzioni.

Sebbene lo studio di Stanford non ne faccia menzione diretta, la dinamica osservata può essere interpretata come un riflesso di un problema più profondo: l’analfabetismo funzionale , una condizione che impedisce di comprendere testi, istruzioni o concetti complessi, nonostante si sappia leggere e scrivere. Questo fenomeno è sempre più diffuso, in particolare tra i giovani, a causa dell’uso smodato e acritico degli smartphone e dei social media, che plasma il cervello per una fruizione veloce e superficiale dei contenuti, a discapito della capacità di concentrazione e di pensiero critico.
L’AI, in questo contesto, diventa un amplificatore di questo problema. Non agisce solo come uno strumento di automazione, ma come un sostituto del pensiero. Le posizioni entry-level nel marketing, nel servizio clienti o nella programmazione, tradizionalmente considerate “palestre” per acquisire competenze fondamentali e creatività, sono le prime a essere automatizzate. Queste posizioni richiedono spesso l’elaborazione di informazioni e la produzione di contenuti standardizzati, attività che l’AI generativa è in grado di svolgere con grande efficienza.
Un futuro senza “apprendistato”
Se l’AI svolge il lavoro di base che i giovani dovrebbero imparare, si crea un circolo vizioso: senza la possibilità di fare esperienza in ruoli di ingresso, le nuove generazioni non sviluppano le competenze necessarie per progredire verso posizioni più senior e meno automatizzabili. Invece di usare l’AI come strumento per aumentare la produttività e dedicarsi a compiti più complessi e creativi, i giovani rischiano di dipendere da essa, minando il proprio percorso di crescita professionale. Il mercato del lavoro si polarizza: da un lato, professionisti esperti che utilizzano l’AI per migliorare le proprie performance; dall’altro, giovani privi delle basi necessarie, che faticano a trovare il loro posto. L’AI non sta solo “rubando” posti di lavoro, ma sta anche bloccando la rampa di lancio per le carriere del futuro.

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