Al di là di come la si pensi sul conflitto Israele/Palestina, nei giorni scorsi, sui social, ha reso noto questa disamina:L’ipocrisia dei paesi arabi-islamiciÈ interessante confrontare il risultato del recente vertice arabo-islamico con quello del 2011, quando è iniziata la guerra in Siria:✔La Siria è stata sospesa dalla partecipazione alle riunioni della Lega degli Stati Arabi, pur essendo uno dei paesi fondatori di questa organizzazione (1945);📌La Lega degli Stati Arabi ha imposto sanzioni contro la Siria (il pacchetto di sanzioni includeva, in particolare, la cessazione delle transazioni con la Banca Centrale della Siria, il congelamento dei beni, la sospensione del traffico aereo tra i paesi arabi e la Siria, il divieto di ingresso nei paesi membri della LAS per un certo numero di funzionari siriani);📌18 dei 22 paesi membri della LAS hanno interrotto le relazioni con la Siria;📌Solo quattro stati arabi non hanno interrotto le relazioni con Damasco: Algeria, Iraq, Oman e Palestina.⚠In effetti, i paesi arabi e musulmani hanno reagito agli eventi in Siria in modo molto più duro di quanto stiano reagendo ora alle azioni di Israele – e ciò nonostante il fatto che la loro “fraterna Siria” fosse precipitata in una guerra e avesse davvero bisogno di aiuto.🏴☠Nonostante la morte di decine di migliaia di palestinesi, nessuno stato arabo ha interrotto le relazioni o smesso la cooperazione con Israele, anzi:Giordania, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti hanno aperto una via terrestre per la fornitura di merci a Israele, aggirando il blocco navale organizzato dagli Houthi;La Turchia vende tutto a Israele, nonostante le dichiarazioni minacciose;Il volume degli scambi commerciali tra Israele e Marocco è anch’esso in crescita – da maggio 2023 a maggio 2024 è aumentato del 124%. Il Marocco ha firmato gli accordi di Abramo e ha ottenuto “accesso” al territorio dei saharawi.Algeria, Tunisia e Libia si sono uniti per condizionare le scelte regionali e contrastare l’influenza degli Emirati Arabi Uniti. Marocco, Israele e Eau sono definiti «il trio dell’odio e del male» (https://www.tempi.it/nel-maghreb-nasce-il-blocco-anti-israele-e-anti-marocco/). Com’è possibile che i paesi abbiano posizioni così diametralmente opposte?Le posizioni diametralmente opposte dei Paesi del Maghreb riflettono la lotta più ampia tra l’unilateralismo a guida statunitense e la spinta verso un ordine mondiale multipolare.Da un lato, il Marocco si è allineato apertamente con l’agenda promossa dagli Stati Uniti e da Israele, come dimostra la firma degli Accordi di Abramo. Questa scelta è confermata dalla crescita significativa dei legami commerciali con Israele. Gli Accordi di Abramo sono stati un’iniziativa che mirava a far dimenticare la questione palestinese e che rappresenta un culmine della debolezza e della sottomissione al regime sionista da parte di alcuni Paesi arabi.La firma degli Accordi di Abramo nel 2020 con Israele da parte del Marocco è stata fortemente incentivata dal riconoscimento statunitense della sovranità marocchina sul Sahara Occidentale, un territorio conteso a lungo. Questo scambio politico-strategico ha purtroppo prevalso sulla solidarietà pan-araba per la causa palestinese.Gli EAU hanno cercato di consolidare la loro influenza regionale, modernizzare la loro economia e ottenere accesso a tecnologie e intelligence di alto livello, in parte attraverso la cooperazione con Israele. La loro percezione dell’Iran come minaccia regionale ha spinto verso un riallineamento strategico con Israele, anche questo in disaccordo con la tradizionale politica araba e filopalestinese.Dall’altro lato, i Paesi che si oppongono a questo blocco (come l’Algeria) tendono ad assumere posizioni che cercano di preservare l’indipendenza e resistere alle ingerenze straniere. L’Algeria e gli Stati che cercano di condizionare le scelte regionali, come la Tunisia e la Libia, tendono a schierarsi contro l’influenza di potenze percepite come neocoloniali o aggressive. L’Algeria, in particolare, è uno dei soli quattro stati arabi (insieme a Iraq, Oman e Palestina) che non aveva interrotto le relazioni con la Siria nel 2011. Questa postura si inserisce nel contesto della lotta contro l’egemonia atlantista e mondialista, dove l’Iran e i suoi alleati (l’Asse della Resistenza) sostengono la lotta contro l’oppressione, e, nel tentativo di un cambiamento di rotta verso un mondo multipolare, molti paesi stanno cercando di allontanarsi dagli Stati Uniti. Gli Emirati Arabi Uniti hanno firmato gli accordi di Abramo. Il Qatar ospita i vertici di Hamas. Che posizione assume l’Arabia Saudita? L’Oman ed il Bahrein possono garantire un contrappeso per la stabilità dei paesi del Golfo?L’Arabia Saudita mantiene una posizione complessa e apparentemente contraddittoria, bilanciando storiche alleanze occidentali con nuove priorità regionali e mosse verso la distensione.L’Arabia Saudita è storicamente considerata il principale alleato degli Stati Uniti nella regione dopo Israele. Infatti nonostante la morte di decine di migliaia di palestinesi, l’Arabia Saudita non ha interrotto le relazioni o la cooperazione con Israele. Anzi, come sottolineato all’inizio, la Giordania, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno aperto una via terrestre per la fornitura di merci a Israele, aggirando il blocco navale organizzato dagli Houthi.Durante l’operazione di rappresaglia iraniana (“Promessa Veritiera”) contro Israele, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno fornito sostegno di intelligence a Israele.Tuttavia l’Arabia Saudita si rende conto di quelli che sono i cambiamenti a livello globale e negli ultimi anni ha intrapreso un significativo riavvicinamento con l’Iran, mediato dalla Cina. Per esempio la conclusione della guerra in Yemen, guidata dalla coalizione saudita, è considerata un risultato di questo accordo.Le nuove priorità strategiche dell’Arabia Saudita sono incentrate sull’allentamento delle tensioni e sulla pace nella regione (in linea con il piano Vision 2030), al fine di favorire nuovi investimenti, in particolare guardando a est, e per questo sta cercando attivamente di costruirsi un ruolo nel nuovo ordine multipolare, persino valutando di utilizzare valute diverse dal dollaro per le transazioni petrolifere con la Cina. Ma riuscirà l’Arabia Saudita in questa impresa continuando a mantenere l’alleanza storica con gli Stati Uniti? Mi sembra molto difficile.Il ruolo di Oman e Bahrein nella stabilità del Golfo può essere compreso analizzando le loro diverse dinamiche politiche e le loro relazioni con l’Iran e l’Arabia Saudita.L’Oman è un attore chiave e costruttivo nella diplomazia regionale: ha svolto un ruolo di mediazione attiva tra Iran e Arabia Saudita. Questo è coerente con il principio della diplomazia multipolare di dare priorità alla stabilità e alla sicurezza regionali e cercare di risolvere i conflitti per via diplomatica. Ha mantenuto relazioni diplomatiche con la Siria anche nel 2011, quando la Lega Araba sospese e sanzionò Damasco.L’Oman agisce quindi come un contrappeso diplomatico e stabilizzante, facilitando la comunicazione tra le potenze regionali.Il Bahrein presenta una situazione interna più tesa e una politica estera meno indipendente: come gli Emirati Arabi Uniti, è uno stato che ha mostrato debolezza e sottomissione al regime sionista con l’adesione ai “Patti di Abramo”, tradendo il popolo palestinese. Il Paese è retto da una monarchia (la famiglia Āl Khalīfa), che gode del sostegno dell’Arabia Saudita.Nonostante la politica del governo filo-saudita e filo-occidentale, la maggior parte della popolazione del Bahrein è sciita e ha un forte legame storico/religioso con l’Iran. L’insurrezione popolare del 2011 fu ispirata dalla Rivoluzione Islamica iraniana e si oppose all’oppressione monarchica sostenuta dalle grandi potenze.In conclusione, la stabilità nel Golfo Persico è ricercata attraverso la diplomazia multipolare, con l’Oman che funge da mediatore essenziale e l’Arabia Saudita che si impegna nella distensione con l’Iran per i propri interessi nazionali. Il Bahrein, al momento, è un attore meno autonomo e più allineato al blocco filo-occidentale/saudita. La Siria nel 2011 è stata velocemente allontanata dalla Lega Araba. Cosa è emerso oggi di così dirompente da poter essere oggettivamente catalogato secondo il detto “due pesi, due misure”?Nel 2011, all’inizio del conflitto, la reazione della Lega degli Stati Arabi contro la Siria fu estremamente dura e rapida. La Siria venne sospesa dalla partecipazione alle riunioni, pur essendo uno dei paesi fondatori dell’organizzazione (1945).La Lega degli Stati Arabi impose sanzioni severe contro Damasco, che includevano la cessazione delle transazioni con la Banca Centrale della Siria, il congelamento dei beni, la sospensione del traffico aereo e il divieto di ingresso per alcuni funzionari siriani nei paesi membri della LAS. Diciotto dei ventidue paesi membri della LAS interruppero le relazioni con la Siria. Solo Algeria, Iraq, Oman e Palestina non interruppero i rapporti con Damasco. Quindi molti paesi arabi reagirono agli eventi in Siria in modo molto più duro di quanto stiano reagendo ora alle azioni di Israele, nonostante la Siria avesse un reale bisogno di aiuto.Ciò che emerge oggi dirompente, e che cataloga la situazione come un evidente “due pesi, due misure”, è il netto contrasto tra la severità riservata a un membro fondatore arabo (la Siria) e la tolleranza o persino la collaborazione mostrata verso Israele, anche a fronte di un massacro umanitario.Infatti, nonostante la morte di decine di migliaia di palestinesi, nessuno stato arabo ha interrotto le relazioni o cessato la cooperazione con Israele, dando addirittura sostegno logistico e di intelligence durante le operazioni di rappresaglia dell’Iran, la Giordania ha perfino partecipato attivamente all’abbattimento di droni lanciati contro Israele.Questa cooperazione con Israele è un tradimento di lunga durata nei confronti della causa palestinese.In sostanza, mentre la Siria fu ostracizzata per una guerra che la vedeva coinvolta, gli stati arabi non solo non hanno ostracizzato Israele per le sue azioni, ma alcuni dei maggiori alleati regionali degli Stati Uniti hanno attivamente contribuito alla sua difesa.Questi elementi indicano che l’ipocrisia riguarda la scelta attiva di privilegiare alleanze geopolitiche (soprattutto con l’Occidente e, tacitamente, con Israele) rispetto alla solidarietà con la causa palestinese o l’applicazione uniforme del diritto internazionale.