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17 Mar
17Mar

In Groenlandia osserviamo ad una svolta epocale, che smentisce ogni previsione: nonostante un unico sondaggio, datato circa due mesi fa, a trionfare alle elezioni sono state le forze di centrodestra, indipendentiste e sovraniste, ribaltando ogni attesa. Un risultato che evidenzia con forza come le Destre politiche stiano riscrivendo lo scenario politico globale, imponendo una trasformazione profonda e inarrestabile. Poco dopo le due di notte, ora locale, con 65 seggi scrutinati su 72 (anche se manca ancora il peso decisivo del voto della capitale, con 30.620 schede contate su un totale di 49.369), emerge un quadro netto. In testa c’è Demokratii, formazione tradizionalmente cauta sulla separazione dalla Danimarca, ma che in questa campagna ha virato con decisione verso una linea pro-business e favorevole a un distacco, sebbene graduale. Il partito si attesta al 29,9%, un balzo straordinario di venti punti rispetto al 2021. A sorprendere è anche l’exploit di Naleraq, i sovranisti di destra dal nome che significa “Punto di orientamento”, fermamente decisi a spingere per un referendum immediato sulla secessione e aperti a un’alleanza con gli Stati Uniti: con il 24,5%, hanno più che raddoppiato il 12% del 2021. Non a caso, ieri sera i loro sostenitori già esultavano agitando bandiere arancioni. Crollano, invece, i partiti al governo: Inuit Ataqatigiit, forza ambientalista di centrosinistra, precipita al 21,4% dal 36,6% precedente, mentre i socialdemocratici di Siumut scivolano al 14,7% dal 29,5%. Un tracollo che li rende incapaci di mantenere il comando. I dati, va detto, non sono definitivi: lo scrutinio nella capitale, cuore demografico del Paese, potrebbe ancora rimescolare le carte, ma appare improbabile un capovolgimento. Per i media locali, il verdetto è ormai scolpito. Dalle aree più remote della Groenlandia si leva un grido di protesta, diretto contro il dominio danese sulla politica estera e contro chi ha retto le redini del Paese negli ultimi quattro anni. Qualunque sia l’esito finale, ora si apre la sfida delle alleanze, con la necessità di conciliare visioni diverse. La data di un possibile referendum sulla secessione sarà cruciale. Proprio ieri, Qupanuk Olsen, candidata di Naleraq, ha dichiarato con fermezza: «Presto, entro la fine della legislatura». Ovvero, entro il 2028. Un segnale che sottolinea, ancora una volta, quanto le Destre stiano ridisegnando il futuro politico, non solo locale, ma con un’eco che risuona in tutto il mondo.

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