
n un mondo che corre verso l’abisso, tra le rovine del progresso e i sussurri di un Occidente agonizzante, Martino Mora emerge come una voce profetica. Cattolico tradizionalista e pensatore controrivoluzionario, il suo ultimo libro, Dissoluzione – Perché la nostra società sta morendo, è un j’accuse tagliente contro la modernità che ci ha traditi. Ispirato alla grande “letteratura della crisi” tra le due guerre mondiali – quel filone antimoderno che smaschera il “progresso” come maschera di decadenza europea –, il testo di Mora non è un lamento nostalgico, ma un bisturi affilato. Come scrive Andrea Scarabelli nella prefazione a Un’altra modernità di Davide Bigalli, l’antimodernismo non è “stolto nostalgismo”: è una lucida contabilità storica, dove i costi del progresso – alienazione, perdita di senso, erosione della fede – schiacciano i suoi illusori benefici. Bigalli, in quel capolavoro analitico, disseziona la genesi della modernità e ne svela le crepe; Mora, erede di questa tradizione, porta la critica al cuore del presente: una società occidentale in dissoluzione, dove il cristianesimo tradizionalista non è solo rifugio, ma arma di resistenza. In questa intervista, modellata come un dialogo serrato con un “Talebano” moderno – un guerriero della tradizione in trincea contro il caos –, esploriamo le radici di questa crisi profonda e il ruolo salvifico di una fede immutata.Professor Mora, benvenuto in questo confronto schietto. Il suo libro Dissoluzione arriva come un tuono in una notte di tempesta. Può illustrare al nostro “Talebano” – quel difensore implacabile della tradizione, pronto a combattere il disordine del mondo – il cuore pulsante del suo ultimo lavoro? Cosa significa, in fondo, che la nostra società sta “morendo”? Intanto grazie del confronto schietto. La nostra civiltà sta morendo in quanto civiltà. Cioè in tutto quello che la caratterizza spiritualmente, religiosamente, eticamente, culturalmente, artisticamente, persino etnicamente. Continuerà a vivere, invece, come “civilizzazione”, cioè come società capitalista dominata dalla tecnica e dall’atomizzazione di individui intercambiabili senza radici né fede.Non credo all’islamizzazione dell’Europa, cosa diversa dalla sua ”arabizzazione”.Gli europei alla domenica disertano la chiese e vanno al centro commerciale. Sono economicizzati e istintualizzati fino al midollo, quindi secolarizzati, come auspicato dai vincitori della Seconda guerra mondiale e della Guerra fredda.L’immigrazione di massa senza regole è la conseguenza di questa crisi profonda, cioè della nostra ignoranza spirituale. E’ tipica di una cultura dalla culle vuote che ha esaurito se stessa e si disprezza intimamente fino ad auspicare di sciogliersi, come già accade, nel meticciato senza radici.La nostra civiltà in senso pieno coincide con il Logos greco e il Logos cristiano, cioè il Logos Incarnato. Abbiamo perso entrambi. Resta la civilizzazione, puramente materiale, della globalizzazione occidentalista. E’ la contro-civiltà. Essa è cresciuta, in un processo plurisecolare, come un parassita. Alla fine ha distrutto tutto. Resta il nichilismo dominante del “cristianesimo zero”, come lo chiama Emmanuel Todd. Professor Mora. Si sente l’eco di quella letteratura della crisi novecentesca, tra le due guerre, quando pensatori antimoderni come quelli analizzati da Davide Bigalli smascheravano il “progresso” come veleno lento. Su quali basi ha sviluppato il suo testo? Quali fonti, quali ferite del tempo l’hanno forgiato? La mia ferita personale sta nell’amara constatazione che viviamo orwellianamente nel tempo della “menzogna universale”. Ormai bisogna sguainare la spada, come affermava Chesterton, per sostenere che le foglie sono verdi d’estate. La negazione a reti unificate della più elementare realtà è proprio una significativa manifestazione del nichilismo realizzato. Il politicamente corretto è una plateale manifestazione di questa menzogna, sulla vita e sull’uomo, imposta a tutti come pensiero unico in quella che ama definirsi “società aperta”, e che è invece la più chiusa spiritualmente che sia mai esistita.Oggi direi che non esiste nemmeno più il mito illuminista del progresso, peraltro completamente falso. Ma un semplice “bougisme”, come lo chiamano in Francia, un movimentismo folle che demonizza il passato preferendo per principio qualsiasi novità, ideologica, linguistica, tecnologica, solo perché è una novità. Cioè solo perché è imposta da chi ha il potere di imporla.Per ciò che riguarda le letture che mi hanno ispirato, direi che vanno ben oltre la stessa fondamentale scuola di pensiero controrivoluzionaria o tradizionalista. Autori come Louis Dumont, Georg Simmel, Ernst Nolte, solo per dirne alcuni, sono fondamentali nella mia riflessione quanto un Louis De Bonald, un Joseph De Maistre o un Marcel De Corte. Nel libro individuo nei tre fattori che per Dumont caratterizzano ‘l’ideologia moderna”, cioè l’economicismo, l’individualismo e l’egualitarismo, l’essenza della sovversione. Nonché sulle conseguenze onnipervasive dello spirito di calcolo, legato al trionfo dell’economia moderna, su cui Simmel ha insistito. E qui tocchiamo il nervo scoperto. La controrivoluzionaria è una scuola nobile, ma effimera nel chiasso contemporaneo. Come definirebbe il suo specifico contributo a questo filone? In che modo Dissoluzione illumina il tramonto dell’Occidente e riafferma il cristianesimo tradizionalista come antidoto?La scuola controrivoluzionaria o tradizionalista individua chiaramente in un processo plurisecolare, risalente perlomeno al Rinascimento o forse prima, l’affermarsi della Rivoluzione o Sovversione. Abbiamo il triste privilegio di vederne l’esito quasi finale. Assistiamo alla dissoluzione della religione, di tutte le appartenenze comunitarie, del matrimonio, della famiglia e persino alla messa in discussione “dirittista” della stessa identità sessuale del maschio e della femmina. I fatti oggi dimostrano che l’analisi dei controrivoluzionari, che è a lungo è parsa estrema ed eccessiva, era pienamente fondata. Quei “profeti di sventura” seppero vedere l’abisso fino in fondo, lucidamente, Senza distogliere lo sguardo come gli altri.La Sovversione trionfa oggi in una plutocrazia, il regno del denaro, che ha svuotato la democrazia dall’interno. In una società di paccottiglia, culturalmente del tutto sterile (assistiamo alla decadenza impietosa della letteratura, del pensiero, della musica e di tutte le arti) che sa solo produrre a ritmo serrato merci da consumare e diritti da rivendicare altrettanto compulsivamente, nel frastuono sguaiato e tatuato del rap e del trap.Se come pensano ormai anche agnostici come il già citato Todd, la crisi dell’Occidente, o ancora meglio quella dell’Europa (i due concetti non sono appieno coincidenti), dipende principalmente dalla fase di “cristianesimo zero” nella quale siamo precipitati, è evidente che solo una restaurazione della fede cristiana, anzi cattolica, permetterebbe la restaurazione della nostra civiltà intera, cioè la riscoperta del logos greco e di quello Incarnato.Il cattolicesimo è la sua stessa Tradizione, che ben lungi dall’essere un’aggiunta posticcia alla Sacra Scrittura, come vorrebbe il soggettivismo protestante, è fonte della Rivelazione. La Tradizione è l’eterno nel tempo. Non è il passato, ma l’eterno nel passato, nel presente e nel futuro. La tragedia della Chiesa cattolica, intesa come clero a partire dal livello più alto di tutti, è di tradire, di rifiutare, persino di odiare la propria Tradizione per correre dietro al mondo. E’ il “modernismo” già condannato da San Pio X. Questa desacralizzazione, con connessa resa all’ideologia dominante, non avviene solo dal 2013, cioè dall’inizio del funesto pontificato di Jorge Mario Bergoglio, ma da molto prima. Perlomeno dal Concilio Vaticano II (1962-1965): la vera svolta soggettivista, liberale e antropocentrica della Chiesa cattolica, secondo i desiderata dei padroni occidentali del mondo. Nel libro affronto anche questo tema.Se Lei mi chiede però se ritengo probabile – umanamente parlando – una riconversione cattolica delle masse materializzate occidentali, direi che è estremamente improbabile. Come è improbabile una conversione di massa all’islam. In un mondo occidentale caratterizzato dal consumo di massa di droghe e di pornografia, dove si praticano aborti come se piovesse, dove trionfano i carnasciali sodomitici, ritengo più probabile l’emergere di una perversa spiritualità deviata, alla rovescia, completamente falsa, favorita dalla plutocrazia d’oltreoceano, che già emerge in ciò che chiamo il sistema orgiastico-mercantile americanista dell’intrattenimento e del divertimento: film, telefilm, canzoni, videoclip. Pensiamo alla stregoneria wicca, al satanismo, ai gruppi di magia sessuale, che negli Usa sono riconosciuti e tutelati giuridicamente, da tempo, come “religioni”. Anche l’idolatria dell’idolo Pachamama in San Pietro, durante il Sinodo amazzonico del 2019, va in quella direzione. Roma esegue ciò che si decide altrove. In chiusura, l’intervista a Martino Mora non è solo un dialogo: è un invito a scendere in campo. In un’Occidente che vacilla, il cristianesimo tradizionalista non è relitto del passato, ma seme di rinascita. Pensateci, mentre il sole cala sull’Europa: è tramonto, o alba di una restaurazione? Il libro di Mora è lì, pronto a guidarvi