In un tempo in cui la disaffezione verso la politica cresce e il Parlamento fatica sempre più a rappresentare autenticamente il Paese reale, diventa urgente ripensare alla legge elettorale. Serve un sistema proporzionale che garantisca sia la rappresentanza pluralistica del popolo italiano, sia la governabilità — come avviene, con efficacia, in molte regioni. L’attuale meccanismo elettorale, basato su una logica di liste bloccate e premi di maggioranza, ha trasformato troppi deputati e senatori in semplici “nominati”. Si tratta spesso di figure selezionate più per fedeltà ai leader che per competenza, esperienza o capacità di affrontare le complessità del mandato parlamentare. Sono molti, infatti, i rappresentanti che non possiedono né una formazione politica adeguata, né strumenti cognitivi sufficienti per comprendere, spiegare e difendere una legge in discussione. Troppo spesso si assiste a interventi privi di contenuto, a votazioni eseguite per disciplina di partito, senza una reale comprensione del significato delle norme. Questo svilisce il Parlamento, allontana i cittadini e alimenta l’idea — ormai diffusa — che la politica sia un gioco chiuso tra consorterie, dove contano le relazioni e non il merito. È tempo che il governo di Giorgia Meloni — che ha raccolto il mandato per riportare ordine, serietà e visione — si assuma la responsabilità di guidare una riforma elettorale in grado di restituire ai cittadini il potere reale di scegliere chi li rappresenta. Serve una legge che selezioni una classe dirigente all’altezza, preparata, responsabile e consapevole del proprio ruolo istituzionale. Una legge che premi la competenza e non la fedeltà cieca.Se vogliamo davvero costruire un’Italia forte, libera e moderna, dobbiamo partire da qui: da un Parlamento fatto di donne e uomini che sappiano rappresentare e guidare, non semplicemente obbedire. È il momento di dire basta alla mediocrità imposta dalle segreterie e di aprire le porte del potere al talento, alla formazione e alla responsabilità