Cookie PolicyPrivacy Policy
15 Oct
15Oct

Post-Alfabetizzata, mossa da una semplice constatazione dei fatti la dissoluzione della parola scritta come fondamento della nostra civiltà non può esaurirsi in una mera analisi dei consumi culturali. Ci troviamo di fronte a un crollo strutturale che affonda le radici in un individualismo esasperato e in una fede cieca nel progresso tecnico, elementi corrosivi che da tempo minano i legami organici della comunità.Non è in gioco solo la capacità di leggere, ma la nostra stessa integrità cognitiva e spirituale. L’errore più grande è credere che l’alfabetizzazione sia un fatto acquisito. Oggi, l’incapacità di decifrare le parole è stata sostituita da una forma ben più subdola e pervasiva di cecità: l’analfabetismo funzionale.L’uomo moderno sa leggere, ma non sa comprendere, valutare e utilizzare il testo complesso. È un individuo che può scorrere migliaia di post e titoli, ma è disarmato di fronte a un saggio, a un’argomentazione articolata o, peggio, di fronte alla storia e alla tradizione. Questa debolezza non è un difetto del singolo, ma il risultato di un sistema che ha disinvestito dal pensiero profondo, dalla memoria e dalla trasmissione verticale del sapere.La società “post-alfabetizzata” è, in realtà, l’ultima manifestazione di una società funzionalmente analfabeta. L’abbandono del testo lungo è la necessaria conseguenza di una mente educata all’immediatezza e alla frammentazione. Privati degli strumenti per analizzare la realtà, siamo destinati a una ricezione passiva e manipolabile. Il vero agente di questa decadenza non è la televisione o lo smartphone, ma la logica sottesa che li governa: l’algoritmo e, nella sua forma più avanzata, l’Intelligenza Artificiale.L’IA promette di gestire la nostra crescente complessità, di sintetizzare le informazioni per noi e, in ultima analisi, di pensare al posto nostro. Questa è l’ultima e più grave abdicazione. Delegando la mediazione della conoscenza a un meccanismo freddo e calcolatore, l’uomo non fa che completare il suo allontanamento da sé stesso e dalla comunità.L’algoritmo impone il regno della brevità e della superficialità, frammentando il tempo e l’attenzione. In questo flusso incessante e veloce, si disperde ogni possibilità di costruire una memoria collettiva di lungo termine. L’uomo, ossessionato dal presente tecnocratico, recide il legame vitale con i suoi avi e le sue radici, trasformandosi in un individuo isolato, disancorato e facile preda di qualsiasi narrazione effimera.L’IA non è uno strumento di progresso, ma il compimento dell’individualismo radicale e dell’anti-tradizione. Essa non cura l’analfabetismo funzionale; lo rende un requisito funzionale per la sua egemonia, creando masse docili che si accontentano della simulazione del sapere che la macchina offre loro. Di fronte a questa deriva, l’unica via d’uscita risiede nella resistenza culturale. Dobbiamo recuperare il valore sacrale del testo, non solo come strumento di comunicazione, ma come veicolo di verità profonda e di senso comunitario.Riappropriarsi della fatica della lettura e dello studio della storia è l’atto di ribellione fondamentale. Significa rifiutare la tirannia dell’immediatezza algoritmica per riaffermare l’importanza dei valori perenni, del legame con la tradizione e della necessaria trasmissione organica del sapere tra le generazioni. Soltanto così si può sperare di ricomporre la frattura tra l’uomo e la capacità cognitiva, sottraendosi alla logica sterile della società post-umana

Commenti
* L'indirizzo e-mail non verrà pubblicato sul sito Web.