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06 Sep
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La Valsesia, con Alagna e il massiccio del Monte Rosa, rappresenta un osservatorio privilegiato per comprendere gli effetti del cambiamento climatico

 

 


Monte Rosa, 6 e 7 settembre 2025 – Torna «CFC – Climbing for Climate»: la settima edizione dell’evento, promosso dalla Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile (RUS), si svolgerà sul Monte Rosa. L’evento è organizzato dall'Università degli Studi di Brescia e dalle Università della RUS Piemonte (Università di Torino, Università del Piemonte Orientale, Politecnico di Torino e Università di Scienze Gastronomiche), in collaborazione con il Club Alpino Italiano (CAI) e il Comitato Glaciologico Italiano (CGI). Hanno patrocinato anche questa edizione del CFC il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). Le escursioni sul Monte Rosa sono realizzate grazie al supporto organizzativo del CAI Sezione di Torino, e verranno guidate da accompagnatori ed istruttori delle Sezioni CAI di Torino Orbassano e Varallo. L’iniziativa beneficia inoltre del supporto del Comune di Alagna Valsesia, dell’Ufficio Turistico Di Alagna Valsesia, della società Monterosa 2000 SpA e del contributo dell’azienda Acqua Novara VCO. Il programma prevede due giornate di escursioni, conferenze ed eventi. Sabato si svolgerà una marcia alla scoperta dei territori e delle comunità; domenica, i delegati della RUS visiteranno – salendo in funivia – il Ghiacciaio di Indren con l’ausilio del CAI, delle Guide Alpine del Monte Rosa e degli operatori del Comitato Glaciologico Italiano. Saranno presenti rettori e delegati di numerosi Atenei italiani. L’evento CFC 2025 ha come temi lo stato dei ghiacciai sofferenti e la resilienza delle comunità alpine al tempo della crisi climatica, e si pone due obiettivi: 1) Far conoscere rapidità e drammaticità della fusione dei ghiacciai del Monte Rosa, attraverso la raccolta e la diffusione di dati e studi aggiornati; 2) Lanciare un’alleanza per “un’altra montagna”: non più solo destinazione perfetta per l’alpinismo e per lo sci, ma “montagna maestra” in grado di indirizzare la frequentazione delle alte quote favorendo consapevolezza, adattamento e sensibilizzazione al global warming. Una strategia di cui le Università aderenti alla RUS si propongono da anni come parte attiva, in collaborazione con gli enti locali, le istituzioni e le associazioni, sostenendo una proposta di turismo alternativo e una fruizione sostenibile della montagna, contro un modello di sviluppo esclusivamente ski oriented. La Valsesia, con Alagna e il massiccio del Monte Rosa, rappresenta un osservatorio privilegiato per comprendere gli effetti del cambiamento climatico. In questo contesto, il Ghiacciaio di Indren, a quota 3.200 metri, è uno dei luoghi più emblematici: negli anni ‘70 e fino alla metà degli anni ’90 del secolo scorso sul suo pendio e sull’adiacente ghiacciaio di Bors erano presenti impianti di risalita attivi anche per lo sci estivo. Il riscaldamento globale ed il regresso glaciale hanno quindi avuto un impatto anche sulle attività economiche legate alla sua frequentazione turistica ed all’economia locale. Indren, pur con una quota massima ad oltre 4.000 metri di quota, attesta oggi il suo limite frontale a 3.200 metri con una risalita della quota minima di circa 250 metri dal 1927, data di inizio dei rilevamenti da parte del Comitato Glaciologico Italiano, ed un regresso lineare di circa 900 metri. Il suo rapido arretramento è testimonianza diretta della crisi che interessa l’intero arco alpino. L’iniziativa Climbing for Climate 7 ha scelto l’Indren come luogo simbolico per sensibilizzare l’opinione pubblica su un fenomeno che riguarda scienza, comunità locali e futuro delle Alpi. I principali risultati delle analisi climatologiche raccolte dall’Intergovernmental Panel on Climate Change rivelano che la regione alpina si trova già in una traiettoria di surriscaldamento rispetto al resto del pianeta. L’incremento di temperatura più forte è per la stagione estiva e per le regioni a sud della dorsale alpina principale; le quote medio-alte potrebbero subire un riscaldamento amplificato. Per quanto riguarda le precipitazioni, si prevede un ulteriore spostamento stagionale delle quantità di precipitazioni, dall'estate all'inverno, sulla maggior parte del dominio. Si prevede inoltre che l’intensità delle precipitazioni giornaliere aumenterà in tutte le stagioni e in tutti i sottodomini, mentre la frequenza dei giorni piovosi diminuirà nella stagione estiva. Il cambiamento di temperatura previsto in estate è correlato negativamente con il cambiamento delle precipitazioni; quindi, le regioni con un forte riscaldamento medio stagionale mostreranno tipicamente una diminuzione delle precipitazioni più forte. Per contro, per l’inverno si riscontra una correlazione positiva tra variazione della temperatura e variazione delle precipitazioni. Tra gli altri indicatori, la copertura nevosa è fortemente influenzata dai cambiamenti climatici previsti e resterà soggetta a una diminuzione diffusa, ad eccezione delle zone ad altitudini molto elevate. Negli ultimi 150 anni i ghiacciai alpini hanno perso circa il 65% del loro volume complessivo, con un’accelerazione senza precedenti negli ultimi decenni. In particolare, negli ultimi 60 anni l’Italia ha perso un’area glacializzata di oltre 170 chilometri quadrati, equivalente alla superficie del Lago di Como. L’Indren, come altri ghiacciai del Monte Rosa, mostra un arretramento marcato e una riduzione di spessore di diversi metri. Secondo le proiezioni, entro il 2050 le Alpi perderanno almeno un terzo della loro massa glaciale anche in scenari di mitigazione; negli scenari più realistici la perdita potrà raggiungere il 60-65%. Il ghiacciaio di Indren, data la sua quota elevata. non pare destinato all’estinzione ma verosimilmente rischia di ridursi nei prossimi decenni a un corpo residuo non più attivo. Si nota nel corso delle ultime campagne glaciologiche un ridimensionamento anche a quote superiori a 3.700 metri e l’emersione di rocce di fondo a testimonianza di una progressiva riduzione del suo movimento gravitativo. La fusione glaciale accelera l’instabilità dei pendii, delle morene e la degradazione del permafrost aumentando il rischio di frane, crolli e laghi glaciali instabili. Nei pendii sottostanti ad Indren la deglaciazione è accompagnata dalla formazione di piccoli laghi proglaciali, forme tipiche delle fasi di regresso che si ripetono a distanza di decenni a quote sempre più alte. Questi fenomeni non solo incidono sulla sicurezza di percorsi alpinistici e delle comunità a valle, ma possono rappresentare un servizio ecosistemico da gestire in modo adeguato. Dal punto di vista del turismo sostenibile, il Sesia Val Grande UNESCO Global Geopark offre sul Monte Rosa una panoramica naturalistica e culturale in alcune delle aree turistiche più attraenti delle Alpi Occidentali, dal massiccio del Monte Rosa al Lago Maggiore. I partecipanti a CFC7 potranno apprezzare il valore della geodiversità: una storia di 500 milioni di anni di rocce, strutture geologiche e forme del paesaggio geomorfologico che registrano i processi che hanno deformato la crosta terrestre e formato le Alpi. I paesaggi valsesiani rivelano in particolare una registrazione dei cambiamenti climatici passati e presenti e dei loro effetti dalle glaciazioni al riscaldamento globale. Nell’area del Monte Rosa vivono comunità alpine, come quelle Walser di Alagna, che hanno saputo adattarsi nei secoli a condizioni estreme, ma in sintonia e nel rispetto dell’ambiente. Oggi questa eredità è un modello di riferimento per affrontare le nuove sfide poste dal surriscaldamento globale, unendo ricerca, educazione e partecipazione collettiva. Inoltre, la cultura Walser evoca ricordi della Piccola Era Glaciale (1450-1850) e dimostra un comportamento proattivo nei confronti del cambiamento climatico, conferendo al Geoparco una prospettiva sostenibile per un maggiore turismo, impegno pubblico e attività di educazione ambientale. Il ghiacciaio di Indren diventa così un simbolo concreto della necessità di comprendere, adattarsi e agire. Il CFC visiterà anche l'Istituto scientifico Angelo Mosso dell’Università di Torino. Inaugurato nel 1907, è situato a un’altitudine di 2.901 metri sull’altopiano periglaciale di Cimalegna. L’Istituto è intitolato ad Angelo Mosso, suo ideatore e professore di Fisiologia all'Università di Torino dal 1879 al 1910. Nel 2023 l’Università di Torino ha istituito qui il “Laboratorio ad elevata complessità Istituto Scientifico Angelo Mosso”, promosso dai Dipartimenti di Neuroscienze “Rita Levi Montalcini”, di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari e di Scienze della Terra. L’Istituto si occupa di studi interdisciplinari su temi cruciali, tra cui fisiologia e medicina di montagna, glaciologia, meteorologia, botanica, pedologia, geomorfologia, geologia, biogeochimica, nivologia e idrologia, con particolare attenzione ai cambiamenti climatici e all'impatto sul territorio alpino. L’Angelo Mosso si è affermato come un centro di eccellenza a livello europeo per la ricerca, l’alta formazione e la divulgazione scientifica in ambiente alpino, con un impegno marcato verso l’innovazione, la sostenibilità e la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale delle montagne italiane. L’Italia sta producendo sforzi importanti per la riduzione delle proprie emissioni di gas serra, ma per centrare l’obiettivo occorre rivedere politiche e interventi, che si stanno rivelando insufficienti. I dati dell’inventario nazionale delle emissioni di gas serra, pubblicati da ISPRA, mostrano come per il terzo anno consecutivo l’Italia abbia registrato emissioni maggiori di quelle previste dagli impegni assunti in ambito europeo. A confronto con il 1990, nel 2023, ultimo anno di dati certificati, le emissioni nazionali dei gas serra sono risultate inferiori del 26%, confermando un trend di riduzione che continua, con qualche eccezione, dal 2005. Ma che tuttavia non è affatto in linea con l’obiettivo per l’Italia stabilito per l’anno 2030 dal regolamento europeo “Effort Sharing”, consistente in una riduzione delle emissioni di gas serra del 43,7% rispetto al 2005. Per il terzo anno consecutivo l’Italia registra emissioni di gas serra maggiori di quelle previste dagli impegni assunti in ambito europeo, anche se le emissioni italiane sono diminuite. Aumenta dunque il volume di emissioni che sarà da recuperare entro il 2030, rendendo il raggiungimento dell’obiettivo sempre più difficile.

CFC 2025 si unisce all’appello degli scienziati italiani: “Siamo ancora in tempo per scegliere il nostro futuro climatico. Siamo ancora in tempo per scegliere un futuro sostenibile che metta al primo posto la sicurezza, la salute e il benessere delle persone, come previsto dagli obiettivi europei di riduzione delle emissioni del 55% al 2030 e di neutralità climatica al 2050. Possiamo farlo anche grazie a una corretta comunicazione e alla cooperazione tra tutte/i.”

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