I risultati pubblicati sulla rivista “Nature Metabolism” aprono a nuove prospettive di cura per migliorare la qualità di vita dei pazienti oncologici.
Un gruppo di ricercatori e ricercatrici dell’Università di Torino e dell’Università del Piemonte Orientale ha identificato in una disfunzione dei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule, un nuovo meccanismo molecolare all’origine della cachessia tumorale. Grave sindrome metabolica, la cachessia provoca la perdita di massa e forza muscolare e colpisce fino all’80% dei pazienti con cancro in stadio avanzato. L’articolo, dal titolo “Impaired cAMP–PKA–CREB1 signalling drives mitochondrial dysfunction in skeletal muscle during cancer cachexia”, è stato appena pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Metabolism. La cachessia tumorale è una condizione complessa che accompagna numerose forme di cancro, in particolare di pancreas, colon e polmone, ed è direttamente responsabile del 20-30% dei decessi associati al cancro. Si manifesta con una progressiva perdita di peso e massa muscolare, riduzione della forza, affaticamento e minore tolleranza ai trattamenti oncologici.
Nonostante l’elevata incidenza – si stima che nel 2023 circa un milione di pazienti europei ne siano sofferto – non esistono ancora terapie risolutive, a causa della complessità dei meccanismi molecolari che la determinano. La ricerca è stata condotta presso il Molecular Biotechnology Center (MBC) e il Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Salute (DBMSS) dell’Università di Torino, in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Traslazionale (DiMeT) dell’Università del Piemonte Orientale.
L’attività sperimentale ha coinvolto un ampio gruppo multidisciplinare, guidato da Andrea Graziani, Professore Ordinario di Biochimica dell’Università di Torino, e condotto da Elia Angelino, ricercatore dell’Università del Piemonte Orientale, e da Lorenza Bodo, dottoranda dell’Università di Torino, insieme a oltre venti ricercatori e ricercatrici delle Università di Torino, del Piemonte Orientale, di Padova, di Milano, dell’Ospedale San Raffaele e dei National Institutes of Health (NIH, USA). La ricerca è stata sostenuta principalmente da Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, nonché dal programma PNRR – Age-It “Ageing Well in an Ageing Society”. Il gruppo di ricerca ha scoperto che la disfunzione mitocondriale che caratterizza i muscoli dei pazienti cachettici è dovuta all’inibizione di una via di segnalazione intracellulare, controllata dall’adenosina monofosfato ciclico (cAMP). Tale via è fondamentale per mantenere il numero e la funzione dei mitocondri nel muscolo scheletrico. Gli esperimenti, condotti con animali di laboratorio e con approcci genetici e farmacologici innovativi, hanno permesso ai ricercatori di dimostrare che riattivando la segnalazione del cAMP è possibile ripristinare la funzionalità mitocondriale e la forza muscolare. Grazie alla collaborazione con l’Università di Padova è stato inoltre possibile validare i risultati ottenuti anche in cellule muscolari umane in coltura e in campioni di muscolo di pazienti con carcinoma del pancreas. “Questo studio – dichiara Elia Angelino – affonda le sue radici in alcune osservazioni sperimentali che facemmo circa sette anni fa, ossia che alcuni fattori rilasciati dal tumore hanno un impatto negativo sulle vie di segnalazione delle cellule muscolari. L’approfondimento di questa osservazione ci ha portati a identificare un nuovo meccanismo che aggiunge un tassello al complesso mosaico di eventi molecolari che portano alla cachessia tumorale”. I ricercatori ipotizzano che la cachessia tumorale sia conseguenza di una vera e propria competizione fra il tumore e gli organi del corpo che ospitano la malattia. Il tumore dirotta verso di sé le risorse energetiche immagazzinate nella muscolatura, per sostenere la propria crescita. In questo contesto, fattori rilasciati dal tumore nel sangue agiscono sui mitocondri delle cellule muscolari, riducendone la capacità di generare l’energia necessaria per svolgere le funzioni proprie dei muscoli, ovvero camminare, correre, sollevare pesi, mantenere la posizione eretta, e anche respirare. Anche la respirazione è in effetti sostenuta dal movimento di un muscolo, il diaframma, che determina il ciclo di estensione e contrazione dei polmoni durante la respirazione. Questo insieme di condizioni sono tra le principali cause della riduzione della qualità della vita per molti pazienti oncologici. “La novità di questa ricerca – spiega Andrea Graziani – sta nel fatto di aver approfondito i meccanismi molecolari che nei muscoli dei pazienti oncologici causano la perdita della capacità di generare energia, riducendone quindi la forza. Da tempo sappiamo che i tumori comunicano con la muscolatura mediante un ampio e ridondante repertorio di molecole messaggero, che possono essere diverse a secondo del tipo di tumore e dei diversi pazienti. Tuttavia, le fibre muscolari interpretano il messaggio ricevuto dal tumore, riducendo la capacità di produrre energia, mediante un meccanismo molecolare comune che il nostro gruppo ha cominciato a caratterizzare”. L’implicazione è che la conoscenza di questo meccanismo offre nuove prospettive per lo sviluppo di strategie farmacologiche innovative, mirate a ripristinare la segnalazione del cAMP e a contrastare la perdita muscolare nei pazienti oncologici. I risultati aprono inoltre possibilità di studio anche in altri contesti clinici caratterizzati da cachessia o perdita muscolare, come l’insufficienza cardiaca, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (COPD), le patologie renali croniche e le infezioni virali croniche. Infine, poiché meccanismi simili possono contribuire alla progressiva perdita di massa e forza muscolare dell’anziano (in gergo sarcopenia), i dati raccolti potrebbero avere sviluppi più ampi per comprendere la riduzione di forza muscolare associata all’invecchiamento. “La ricerca molto spesso richiede parecchia pazienza e tempo – aggiunge Lorenza Bodo –, i progressi nascono infatti da esperimenti falliti e da ipotesi da rielaborare. Per noi constatare oggi che anni di lavoro hanno prodotto risultati rilevanti per la comunità scientifica è una grande soddisfazione”. Lo studio rappresenta un esempio concreto di come la ricerca di base condotta nei laboratori universitari possa generare nuove conoscenze con potenziali ricadute cliniche. La collaborazione fra Università di Torino, Università del Piemonte Orientale e i partner nazionali e internazionali sottolinea il valore della cooperazione inter-istituzionale nella costruzione di percorsi di ricerca integrati, capaci di coniugare biologia molecolare, medicina sperimentale e innovazione terapeutica. “Impaired cAMP–PKA–CREB1 signalling drives mitochondrial dysfunction in skeletal muscle during cancer cachexia”, Angelino, E., Bodo, L., Sartori, R. et al. Impaired cAMP–PKA–CREB1 signalling drives mitochondrial dysfunction in skeletal muscle during cancer cachexia. Nat Metab (2025). https://doi.org/10.1038/s42255-025-01397-5