Purtroppo non ho potuto assistere, per motivi di salute, alla "prima" della grande opera di Giuseppe Verdi, La Traviata resa, se possibile, ancora più interessante e appetitosa per i melomani come me, dalla novità della regia di un debuttante (in questo ambito musicale) del famoso attore Giorgio Pasotti.
Ho sentito voci, intendimenti, critiche feroci e poi diverse stuazioni di puro entusiasmo. Siamo in una nazione libera, per fortuna, ognuno, vivaddio, può pensarla e dirla come meglio crede.
Ieri sere, finalmente, ho potuto vedere Traviata con il secondo Cast e mi sono fatto un'idea personalissima.
Fermo restando la partitura ed il libretto, che sono di una bellezza assoluta e intramontabile nei secoli, devo dire che immediatamente, la scelta di una bara bianca con varie candele intorno, qualche passante che riverisce le spoglie mortali (presumo di Violetta) e poi 4 becchini che portano via il feretro a passo lento, mi ha lasciato un poco perplesso. In altri tempi, iniziare un'opera con questa immagine, sarebbe stato per lo meno di cattivo auspicio. Ma tant'è, Pasotti l'ha immaginata così.
Nel preludio del primo atto, dopo la scelta opinabile della bara, la Traviata rilegge a ritroso se stessa, come se Violetta volesse leggere la sua vita dalla fine, compreso l'ultimo atto, il terzo,che la vede riabilitata ma morente di tisi.
Alexandra Grigoras, nei panni di Violetta, non crede da subito nelle sue capacità e tentenna forse tradita dall'emozione o dal palco immenso del Coccia. Non ne ha per molto e subito nel primo atto si riprende e ci allieta con una voce ferma e sicura, pienamente nella parte. Bravissima nel secondo atto con tutta la drammaturgia possibile ad una ragazza giovanissima come lei, impegnata in un'opera così importante. Bello il duetto con Alfredo (tenore di cui parlerò a parte) ma, soprattutto, importante la capacità della Grigoras di calarsi nella parte di un'innamorata pura e sincera che si vede "obbligata" dal padre di Alfredo a dimenticare il figlio; lui chiede a Violetta di lasciar perdere Alfredo, ragazzo di buona famiglia che non puà imparentarsi con una prostituta come era Violetta.
(Quando si parla di prostituta, bisogna significare che questo termine non è del tutto appropriato e si confonde con la bruttura e le umiliazione che le povere ragazzi dei tempi nostri devono subire: La donna di facili costumi che Verdi e il suo librettista ci propongono in Traviata, è altra cosa; si tratta - non tutte - di donne che frequentano l'alta società, in questo caso parigina; prostituiscono il loro corpo a ricchi possidenti, politici, magistrati o facoltosi ereditieri, per somme ingenti, gioielli, case e terreni e non sono certo paragonabili alle sventurate ragazze che conosciamo ai giorni nostri).
Erano, in molti casi, ed in particolare Violetta, donne con molti danari, case di proprietà, gioielli importanti, frutto di accompagnamenti anche duraturi con i personaggi dell'epoca cui abbiamo accennato prima.
Ma è il terzo atto, quello forse più impegnatiovo drammaturgicamente, in cui Violetta/Grigoras esprime tutta la scuola di recitazione e di canto.
La ragazza ritrova l'Alfredo di cui è innamorata, quell'Alfredo che, ignaro delle parole del Padre, nel secondo atto "paga" Violetta per quell'amore che ora diventa solo mestiere. Violetta è combattuta tra l'amore ritrovato e la malattia (tisi) che non lascia scampo. Ma non ha tempo di rallegrarsi oltre; Violetta è incredibilmente contenta ma teme di non sopravvivere fino al suo arrivo. Alfredo è lì, al suo capezzale, con suo padre, profondamente pentito della turpe pretesa che ha portato alla separazione dei due giovani che si amavano alla follia. Stroncata dalla tisi, Violetta muore tra le braccia di Alfredo sconvolto. Voto per la Grigoras 7,5
L'altra parte del leone in traviata la interpreta Alfredo Germon, ieri sera al secolo Carlo Raffaelli. Al debutto in questa traviata si sente una voce forte e limpida, pienamente calata nel personaggio del ragazzo di ricca famiglia parigina che anma divertirsi, partecipa alle feste di persone molto altolocate, beve champagne e parte delle sue fortune vengono vinte al gioco delle carte, allorché spenna qualche ricco e sprovveduto signorotto di turno.
Raffaelli è credibile, austero nella parte, per nulla impressionato o intimidito dall'importanza dell'opera o dal fatto che è la sua prima Traviata. Come si dice "regge bene" il palco, si muove con accortezza e disinvoltura e mette la giusta drammaturgia a seconda che interpreti l'uomo innamorato, quello apparentemente tradito, oppure la persona che ritrova l'amore ma lo perde subito e definitivamente tra le sue braccia. Unica pecca, ma è comprensibile vista la giovane età, Raffaelli deve imparare a prendersi tutti gli applausi sinceri che gli vengono tributati dagli spettatori e non scappare fuori scena troppo presto. Voto per Raffaelli 8
Il resto degli attori, eccezione fatta per Marcello Rosiello, che conosciamo per la grande capascita vocale e anche scenica (voto 8,5) se la cavano con mestiere e buona presenza scenica.
Buona anche la bacchetta del maestro Cadario, preciso e grande conoscitore di Verdi e della Traviata, alle volte poco seguito dalla sua orchestra in buca ma che comunque merita la sufficienza piena.
Gli effetti speciale ieri sera erano monchi di parecchie parti, forse riservati solo alla "prima" di questa Traviata. In ogni caso conosciamo la bravura ed il genio di Luca Attili (Voto 9) e la bella sopresa di un ritrovato Claudio Mazzucchelli che con la sua CM We Design Experience riveste il Coccia di Novara di un abito da sera impeccabile (Voto 9)
Il coro di San Gregorio Magno è stata forse la parte che mi è piaciuta meno; alle volte fuori tempo, non perfettamente all'unisono in alcune parti, probabilmente stanchi dell'ennesima (4 repliche mai viste al Coccia) prova vocale continuativa in giorni praticamenti successivi uno all'altro. (Voto 6)
Una traviata piacevole, indubbiamente condotta per mano da seri professionisti che si sono cimentati in un'opera importante, facente parte della triade verdiana Rigoletto, Trovatore e, appunto, Traviata, con qualche sbavatura di troppo ma, si sa, succede in tutti i mestieri e il mestiere dell'opera non è esente da questa possibile criticità.