in collaborazione con Accademia dei Mestieri d’Opera del Teatro Coccia AMO, STM – Scuola del Teatro Musicale, Conservatorio Guido Cantelli di Novara
Novara, 25 Novembre 2025. Nuovo appuntamento sul palcoscenico del Teatro Coccia: l’esperienza Opera, che Mito! andata in scena in tre appuntamenti nel corso della Stagione 2024 diventa un unico grande evento nelle serate di Giovedì 27 e Venerdì 28 Novembre 2025. Le tre micro opere Cefalo e Procri, Calipso e Odisseo, Filemone e Bauci verranno portate in scena con il filo conduttore della narrazione, per raccontare i diversi volti dell’amore. Le tre micro opere sono composte rispettivamente da Davide Sebartoli, Matteo Sarcinelli e Lorenzo Sorgi (ex allievi del corso di composizione Accademia AMO, i libretti sono di Emanuela Ersilia Abbadessa e drammaturgia del Professor Giorgio Bellomo, in scena con gli artisti. Sul palco col Professor Bellomo, gli allievi dell' Accademia dei Mestieri d'Opera del Teatro Coccia AMO Mariateresa Federico, Ziyu Wu, Xiaosen Su con loro il baritono Omar Cepparolli, l’allieva attrice della STM – Scuola del Teatro Musicale Nicol Fano e l’ex allievo Matteo Morigi. Il Trio del Conservatorio Guido Cantelli di Novara è diretto dal Maestro Cosimo Gragnoli. Regia, scene e costumi sono firmati da Giulio Leone. Un evento reso ancor più immersivo e affascinante dal fatto che il pubblico assisterà allo spettacolo in palcoscenico a poca distanza dagli artisti. Spettacolo sostenuto da Camera di Commercio Monte Rosa Laghi Alto Piemonte. Main Sponsor Accademia AMO Techbau. Descrive così il titolo, il Professor Giorgio Bellomo, autore della drammaturgia “È un incontro, un dialogo tra mito, musica e canto: Un dialogo fra Thanatos (la Morte, compagna di Eros) e un anziano professore di Biochimica. Thanatos è venuta a rapire sua moglie. Di fronte alla sorpresa e al dolore gli chiede che cosa lei gli abbia dato oltre a quel sentimento intangibile e di poco conto che gli umani chiamano “amore”. E che cosa sia, poi, questo amore. Il Professore ha, in realtà, dedicato la sua attività scientifica allo studio della biochimica e della neurobiologia dell’amore ma dei suoi studi non gli rimane nulla. Tutto è perso. E quando si perde tutto, ciò che rimane è il mito: gli rimangono i miti che ricordano alcuni aspetti dell’amore. E li racconta a Thanatos. Calipso, il mito che narra il desiderio e la passione erotica che fa allontanare ed estraniare dalla realtà e fa promettere tutto, anche l’impossibile, pur di avere sempre con sé la persona che si desidera, ma che si è, inevitabilmente, destinati a perdere. Cefalo e Procri il mito che racconta di sospetti, di gelosia, di tradimenti, di possesso, di violenza e, anche in questo caso, inevitabilmente, di tragedia.Thanatos è affascinata da questi racconti e, prima di andarsene, come ringraziamento, vuole concedere alla moglie del professore un supplemento di vita. Ma lui la trattiene per raccontarle un ultimo mito: Filemone a Bauci, il mito che celebra la vera felicità di una vita iniziata e finita insieme alla persona amata. Thanatos conclude la sua visita: “Ho capito – dice - Tornerò a ritrovare … entrambi…”” Così Giulio Leone sull’aspetto registico e di scene e costumi “Quest’opera vuole interrogare la Morte senza farne un tabù, ma una presenza. Non un’ombra che incombe, ma un’intelligenza che osserva, che si fa domanda, ascolto, respiro. Accanto a lei, un Professore che ha abitato più i pensieri che il corpo, e che ora si ritrova a cercare nel mito l’unica misura possibile di ciò che non si può misurare: l’amore. Il mito, con la sua lingua primordiale e viva, diventa rifugio e rivelazione. In esso, l’amore si spoglia dei consueti e torna essenza: gesto, ferita, dono, luce. Attraverso Cefalo e Procri, Calipso e Odisseo, Filemone e Bauci, si attraversano tre stazioni di un unico viaggio — il desiderio che ferisce, l’attesa che consuma, la dedizione che salva. Lo spazio scenico è ridotto a segni essenziali: soglie, colori ed elementi impalpabili. È un luogo sospeso dove il reale e l’irreale convivono, dove la materia si fa pensiero e il vuoto diventa presenza. Le micro-opere emergono come apparizioni interiori, immagini che affiorano dal profondo e del racconto, nella sua più potente verità, come visioni di un sogno che non appartiene né al tempo né alla memoria. In questo allestimento il mito non è un racconto del passato, ma una lingua estrema, che parla quando tutto il resto — scienza, ragione, corpo — si dissolve. È ciò che resta quando non resta più nulla da dire. La scena diventa allora un vuoto fertile, una soglia dell’anima dove le immagini non spiegano ma evocano, e ogni gesto, ogni suono, ogni pausa si fa essenziale. I Tre Volti dell’Amore non ricerca il realismo, ma la verità del momento. È un tentativo di ascoltare l’amore nella sua forma più pura: non quando è arrivo, costrutto, lusso o capriccio, ma quando si fa conoscenza; non quando è promessa, ma presenza. E in questo spazio sospeso, dove la parola tace e il gesto resta, l’amore insegna come un dogma primordiale: senza voce, senza nome, solo con la sua verità più antica dell’uomo stesso. Lo spazio scenico si dispiega attraverso pochi elementi essenziali, scelti per il loro valore simbolico e la capacità di evocare. Praticabili di diverse altezze tracciano geometrie leggere, suggerendo ciò che non si può nominare: il vuoto, lo spazio dell’anima, la soglia tra reale e immaginario. Tutto ciò che abita la scena è costruito con tessuti, leggeri o materici, affinché nulla appaia rigido o definitivo, ma ogni elemento diventi fluido e impalpabile, trasformandosi con il gesto e con la luce, fuso con la memoria e con il sentimento.Le atmosfere si sviluppano come spirali emotive in cui mito e memoria si intrecciano. Gli scenari che accompagnano le narrazioni di Cefalo e Procri, Calipso e Odisseo, Filemone e Bauci non illustrano, ma evocano, immergendo lo spettatore nei moti interiori dei protagonisti. Ogni gesto, ogni movimento nello spazio dialoga con ciò che non è visibile, facendo emergere tensione, attrazione, dedizione e armonia in un continuum di immagini impalpabili. In questo spazio sospeso, tutto diventa soglia: il tessuto, il gesto, la luce, il silenzio. Tutto è al servizio della verità del mito e del sentimento, in un equilibrio fragile tra leggerezza e intensità, tra materia e immaginazione, dove il vuoto stesso si fa presenza. Ogni figura in scena evoca stati interiori più che identità storiche. Le linee sono pure, essenziali, conferendo a ogni gesto una prossemica misurata anziché protagonismo ornato. Il colore diventa linguaggio: il blu di Calipso e Odisseo dissolve nel mare la forma del desiderio; iI verde e il giallo di Cefalo e Procri si intrecciano come corde che avvolgono i loro corpi, presenti sui tessuti, a evocare la gelosia e il conflitto; le vesti povere di Filemone e Bauci restituiscono dignità al corpo, poiché il vero cimelio è il loro sentimento condiviso. Il Professore veste la saggezza e la lucidità del pensiero, pronto a far dialogare l’umano con la Morte, che si manifesta come visione rarefatta, grigio perla e nero, elegante e distante, appartenente a una dimensione altra, eterna e imperscrutabile. Così, ogni costume diventa estensione del sentimento, ogni colore e forma amplifica l’interiorità dei personaggi, in un dialogo silenzioso tra gesto, spazio e mito”. L’opera lirica, come è noto, è generatrice di spunti di riflessione, approfondimenti su temi del contemporaneo, è terreno di dialogo. Essa stessa si fonda su radici antichissime e archetipi, distinguibili, intellegibili, ripercorribili dal mito, generatore di trame per eccellenza. Dal mito si parte per mettere a confronto la musica, con la messa in scena di nuove partiture commissionate dal Teatro Coccia, e la parola, con grandi pensatori. I tre volti dell’amore è inserito nel progetto YouthClub sostenuto da Fondazione Cariplo per avvicinare le giovani generazioni allo spettacolo dal vivo. Biglietti a 10,00 euro online e presso la biglietteria del teatro.